Nell'Italiana Srl spunta come socio un ex giudice

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Carrube
view post Posted on 12/11/2011, 19:23 by: Carrube




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41 BIS, SI SAPEVA TUTTO

La notizia della revoca del 41bis per 140 mafiosi nel 1993, resa da dall’ex Guardasigilli Conso, durante l’audizione dell’11 novembre scorso davanti alla Commissione Antimafia, ha fatto sobbalzare politici, magistrati e giornalisti dalla sedia. Le agenzie stampa sono andate nel caos con otto battute flash nel giro di un’ora. Le dichiarazioni di Conso, in una manciata di secondi arrivano Montecitorio e a Palazzo Madama.

I politici, ganno affilato le armi e “sparato” le affermazioni dell'ex ministro della Giustizia, tirando la coperta a proprio favore. E giù fiumi di parole da destra a sinistra e da sinistra a destra, che hanno mandato in tilt i giornali. Da Avetrana, tutti dietro a Conso.

Repubblica tira fuori una nota del 6 marzo 1993 di Nicolò Amato, all’epoca Direttore Generale degli Istituti di pena, indirizzata al capo di Gabinetto del ministro Conso. Apriti cielo. Questo documento è la prova schiacciante che si cercava: la trattativa Stato-Mafia c’è stata? E anche il presunto “papello”, a cui la Scientifica di Roma sta ancora lavorando per identificarne l’autore, diventa un documento lampante? E’ la chiave per inchiodare i complici della trattativa? E’ la prova documentale che il partito Forza Italia sia nato con l’appoggio dei corleonesi?

Conso, l’ex Guardasigilli, esclude qualsiasi forma di trattativa con Cosa Nostra e dichiara in Commissione Antimafia, l’11 novembre :”Da parte mia non c'è mai stato il più lontano barlume di favorire la mafia. E’ stata una mia scelta, presa in autonomia. Ma non posso escludere di averne parlato con l’ex direttore degli Affari Penali del ministero, Liliana Ferraro, una collaboratrice importante”. Rispondendo alle domande dei membri della Commissione, ha anche spiegato di non avere mai avuto notizie della presunta trattativa tra il Ros e Vito Ciancimino: “Assolutamente no”, nè di essersi mai consultato con il generale Mario Mori. Al rilievo fatto da un membro della Commissione, al mancato rinnovo del 41bis per 140 mafiosi a novembre del 1993, Conso autorizzò poi il rinnovo del carcere duro per un altro gruppo di boss, assai più rilevante per importanza, nel gennaio del 1994; a proposito l'ex Guardasigilli ha replicato: “può apparire contraddittorio e ribadisco che Ciampi aveva fiducia in me”.

I pm della DDA di Palermo, sempre domani chiameranno Nicolò Amato (ex direttore del Dap) per chiedere spiegazioni sulla sua richiesta di revoca del 41bis per i 140 mafiosi detenuti all’Ucciardone di Palermo. E ad interrogarlo i magistrati palermitani, che indagano sulla telenovela della trattativa Stato-Mafia. Ovviamente, tutti eccitati per questa notizia. Ma quale notizia? Quale segreto, avrebbero scoperto?


Scovando negli archivi e nel blog dell’avvocato Nicolò Amato, si scopre un’altra verità: l’ex direttore generale del Dap, dal 1993 ad oggi, della sua richiesta di revoca del 41bis non ne ha mai fatto un mistero.

L’8 giugno 1993 Sergio D’Elia, responsabile del Partito Radicale per il carcere, ora Presidente di Nessuno Tocchi Caino, in un articolo apparso sul sito Radio Radicale dal titolo “Il siluramento di Amato: continua il depistaggio sulle carceri d i responsabilità gravi, inefficienze e complicità che vanno ricercate altrove”, scrive: "Nel silenzio del ministro della giustizia è stato silurato il massimo artefice di quel 'carcere della speranza' che ha significato umanizzazione delle pene, uscita dal terrorismo di centinaia di persone, fine delle rivolte in carcere; è l'ultimo atto di almeno due anni di attacchi alla legge penitenziaria ad opera di ministri dell'interno e della giustizia che hanno sempre depistato sul carcere e sui detenuti responsabilità, inefficienze (e complicità) nell'emergenza-mafia che andavano e vanno ricercate o dislocate altrove”.

D’Elia, continua nell’articolo con parole pesantissime nei confronti di Mancino, all’epoca alla guida del Viminale, “Nicola Mancino è il massimo fautore della proroga dell'art. 41bis a un anno dalla sua scadenza, contrari Nicolò Amato e probabilmente il ministro Conso. Questo punto è la cartina di tornasole di una strategia: si vuole depistare sul carcere e sui detenuti, non solo sugli ultimi arrestati ma anche su chi è in carcere da dieci o vent'anni anni. La responsabilità di stragi che va ricercata altrove, che non è mai stata individuata nè punita, è coperta quasi sempre da "fronti della fermezza" e da discorsi contro il permissivismo generale. Per questo fallimento, voglio notare, nessun ministro dell'interno si è mai dimesso”.

In un intervento sul convegno delle carceri, organizzata dalla UIL il 2 aprile 2009, lo stesso Nicolò Amato, ex direttore del Dap, disse: "Vengo al 41bis, io ero alla direzione generale quando hanno ammazzato Falcone, hanno ammazzato Borsellino, e io dissi allora, era ministro Martelli, che era giusto che ci fosse una reazione immediata e durissima anche da parte del sistema penitenziario, non si poteva rimanere indifferenti di fronte a quelle stragi vergognose, non si poteva rimanere indifferenti. Ma dopo, feci un rapporto al ministro Conso e gli dissi che avevamo applicato il 41bis, come reazione immediata alla ferocia criminale della mafia, ma questo strumento eccezionale doveva rimanere eccezionale”.

Amato continua a parlare al convegno sindale della Uil aggiungendo: "Se davvero volete con il 41bis troncare ogni collegamento fra i criminali all’interno, e gli ambienti criminali all’esterno, allora dovete avere il coraggio voi parlamentari non di ridurre i colloqui da quattro a tre o da quattro a due, ma di abolirli, perché se voi ne lasciate anche uno, quel colloquio serve ugualmente per trasmettere all’esterno qualunque messaggio criminale; il problema va posto su basi completamente diverse. Le basi per le quali la mafia deve essere combattuta sul suo terreno che è il terreno di questa oscena connessione tra criminalità e politica, tra criminalità e economia, tra criminalità e finanza”. Ne parla anche in un convegno all'Università Bocconi nel 2009.

Nel suo blog, articoli pieni sulla sua richiesta di revoca del 41bis. La tesi? Sempre la stessa: Il 41bis non deve diventare l’unico metodo repressivo del contrasto alla mafia.

E il 12 febbraio 2010, sempre nel suo blog, l’ex direttore degli istituti di pena, si scaglia contro Ciancimino Jr con “Lettera di dimissioni di un cittadino Italiano. Secondo Massimo Ciancimino, Forza Italia sarebbe il frutto della trattativa fra Stato e Mafia. Io non so se dice il vero o mente. Ma è sconvolgente che un'affermazione così devastante sia uscita dall’aula di un Tribunale senza che prima se ne verificasse, con ogni mezzo e con la massima riservatezza, la fondatezza o la infondatezza per trarne subito, in un caso e nell’altro, le doverose conseguenze. Voglio scendere. Voglio dimettermi da cittadino italiano".

Amato, riparla della revoca del 41 bis, anche su Facebook, circa nove mesi fa, con un articolo dal titolo “Come tagliare le nove teste dell’Idra”, ribadisce lo stesso concetto.


Insomma dal 1993 ad oggi, Amato, ex direttore del Dap ha sempre sostenuto alla luce del sole la sua tesi di aver voluto fortemente revocare il 41bis per i detenuti mafiosi.

Possibile che in 17 anni, nessun Governo, alcuna Commissione Parlamentare Antimafia, inquirente, politico, giornalista, magistrato, capo della Polizia o dell’Arma, non si sia mai accorto delle sue dichiarazioni? Eppure ci sono ci sono articoli, blog, convegni sindacali, raduni politici, lezioni universitarie, seminari giudiziari e addirittura nelle tavole rotonde promozionali dei suoi libri, in cui ne parla per quasi vent'anni.

Come mai proprio adesso scatta lo scoop bufala? Serve per accreditare la trattativa Mafia-Stato? O per avvalorare il “papello”, di cui l’autore fino ad oggi rimane sconosciuto agli inquirenti? Svista che dura 17 anni o notizia ad orologeria? Ennesimo mistero italiano.


Anna Germoni
Freedom24
 
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31 replies since 12/11/2011, 19:20   1070 views
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